Il fenomeno religioso ha acquisito, negli ultimi tempi, una nuova visibilità tra la fine del secondo e l’inizio del terzo millennio, presentandosi con manifestazioni nuove, originari rispetto a quelle che avevano caratterizzato la “cristianità europea”. La rinnovata dimensione “pubblica” della religione le assegna anche un ruolo nelle dinamiche di pacificazione, e nella necessità di creare un legame tra culture e popoli diversi. Una dimensione che è emersa sin dalla Dichiarazione di Barcellona del 1995, la quale evidenziava la necessità che si potesse in qualche modo invertire la logica dei fondamentalismi, i quali trovano origine da un bisogno religioso distorto o da un modo errato di concepire il ruolo sociale della religione. La religione si presenta con un contenuto di valori trascendentali, che uniscono la vita di persone e popoli, determinandone la condotta, i modi di vita, i costumi, la morale, il modo di pensare e di agire. Essa, per sua natura, implica l’esistenza di un legame forte e qualificato, che spiega il senso di appartenenza in un vincolo associativo, molte volte idoneo a dar vita ad organizzazioni confessionali, che tendono ad assumere un ruolo determinato all’interno del contesto socio-politico nel quale operano. Ciò provoca, a volte, tensioni, conflitti, crisi di identità di crescita sociale, derivati anche dai nuovi scenari culturali, sociali, giuridici ed economici che attraversano i Paesi europei. La disciplina del fenomeno religioso e delle relazioni tra l’Unione Europea, le Chiese e le Istituzioni religiose rappresenta, sicuramente, uno degli argomenti più delicati che interessano e riguardano il futuro della “casa comune europea” . Nello stesso tempo, appare ancora di una certa attualità quanto ammoniva uno dei maggiori esponenti della cultura giuridica italiana del secolo scorso, Jemolo, il quale sostenevano che il diritto ecclesiastico costituisse “l’osservatorio migliore per seguire, saggiare, controllare le affermazioni della teoria generale del diritto” . La tutela e la promozione della libertà religiosa rappresentano ancora oggi l’aspetto centrale della disciplina giuridica del fenomeno religioso. Ancora oggi è valida la teoria ruffiniana sul diritto ecclesiastico quale legislativo libertatis, rettamente intesa e cioè ancora oggi il cittadino (europeo) è titolare di un’aspettativa giuridicamente qualificata ad un assetto dei rapporti giuridici tra la politica e la religione. Ciò, però, in una visione vichiana della storia, in un contesto nuovo ed in una dinamica delle relazioni sociali totalmente nuova, caratterizzate da una sempre più accentuata complessità sociale. Questo crediamo possa essere il senso di questo lavoro, che non ha alcuna pretesa di esaustività e completezza. Il rapporto tra appartenenza confessionale e diritti di cittadinanza è evidente che rappresenti uno degli ambiti di maggiore sviluppo delle tematiche di ricerca della disciplina del diritto ecclesiastico. Per ciò stesso, il presente lavoro vuole soltanto inserirsi in un dibattito già aperto, al quale vuole offrire soltanto alcuni spunti di riflessione. La metodologia utilizzata non poteva non muovere i passi da un’analisi, che coinvolge le strette relazioni tra il diritto ecclesiastico ed i presupposti pre-giuridici, delle nuove istanze religiosamente qualificate in quella che è da tutti definita la società multiculturale e/o multietnica. E’ noto, infatti, che la multiculturalità si caratterizza anche e, forse, soprattutto, per una sua dimensione multireligiosa. La multireligiosità ha avuto un impatto forte sul tessuto sociale e politico dei Paesi europei. Conseguenza inevitabile di ciò era anche l’influenza che queste dinamiche sociali avevano sulle categorie giuridiche della modernità europea. Per quanto riguarda, più specificatamente il presente lavoro, si è cercato di rileggere alla luce delle novità suddette la qualificazione giuridica del concetto di interesse religioso, così come quella di confessione religiosa. Si è poi cercato di porre in risalto, attraverso la distinzione tra associazione e confessione, le nuove dimensioni dell’appartenenza confessionale. Da questo punto di vista, è emersa la necessità, da un lato di rimeditare sul rapporto tra persona, soggettività giuridica ed appartenenza comunitaria, utilizzando la religione come chiave di lettura delle relazioni giuridiche e non all’interno delle comunità di riferimento. La famiglia ci è sembrato essere un paradigmatico esempio induttivo di come oggi la rilettura delle categorie giuridiche della cultura europea appaia una inevitabile necessità. La dinamica delle relazioni interfamiliari è stata dunque riletta alla luce della multiculturalità e, soprattutto, della multireligiosità.

Appartenenza confessionale e diritti di cittadinanza nell'Unione europea

Santoro Roberta
2008-01-01

Abstract

Il fenomeno religioso ha acquisito, negli ultimi tempi, una nuova visibilità tra la fine del secondo e l’inizio del terzo millennio, presentandosi con manifestazioni nuove, originari rispetto a quelle che avevano caratterizzato la “cristianità europea”. La rinnovata dimensione “pubblica” della religione le assegna anche un ruolo nelle dinamiche di pacificazione, e nella necessità di creare un legame tra culture e popoli diversi. Una dimensione che è emersa sin dalla Dichiarazione di Barcellona del 1995, la quale evidenziava la necessità che si potesse in qualche modo invertire la logica dei fondamentalismi, i quali trovano origine da un bisogno religioso distorto o da un modo errato di concepire il ruolo sociale della religione. La religione si presenta con un contenuto di valori trascendentali, che uniscono la vita di persone e popoli, determinandone la condotta, i modi di vita, i costumi, la morale, il modo di pensare e di agire. Essa, per sua natura, implica l’esistenza di un legame forte e qualificato, che spiega il senso di appartenenza in un vincolo associativo, molte volte idoneo a dar vita ad organizzazioni confessionali, che tendono ad assumere un ruolo determinato all’interno del contesto socio-politico nel quale operano. Ciò provoca, a volte, tensioni, conflitti, crisi di identità di crescita sociale, derivati anche dai nuovi scenari culturali, sociali, giuridici ed economici che attraversano i Paesi europei. La disciplina del fenomeno religioso e delle relazioni tra l’Unione Europea, le Chiese e le Istituzioni religiose rappresenta, sicuramente, uno degli argomenti più delicati che interessano e riguardano il futuro della “casa comune europea” . Nello stesso tempo, appare ancora di una certa attualità quanto ammoniva uno dei maggiori esponenti della cultura giuridica italiana del secolo scorso, Jemolo, il quale sostenevano che il diritto ecclesiastico costituisse “l’osservatorio migliore per seguire, saggiare, controllare le affermazioni della teoria generale del diritto” . La tutela e la promozione della libertà religiosa rappresentano ancora oggi l’aspetto centrale della disciplina giuridica del fenomeno religioso. Ancora oggi è valida la teoria ruffiniana sul diritto ecclesiastico quale legislativo libertatis, rettamente intesa e cioè ancora oggi il cittadino (europeo) è titolare di un’aspettativa giuridicamente qualificata ad un assetto dei rapporti giuridici tra la politica e la religione. Ciò, però, in una visione vichiana della storia, in un contesto nuovo ed in una dinamica delle relazioni sociali totalmente nuova, caratterizzate da una sempre più accentuata complessità sociale. Questo crediamo possa essere il senso di questo lavoro, che non ha alcuna pretesa di esaustività e completezza. Il rapporto tra appartenenza confessionale e diritti di cittadinanza è evidente che rappresenti uno degli ambiti di maggiore sviluppo delle tematiche di ricerca della disciplina del diritto ecclesiastico. Per ciò stesso, il presente lavoro vuole soltanto inserirsi in un dibattito già aperto, al quale vuole offrire soltanto alcuni spunti di riflessione. La metodologia utilizzata non poteva non muovere i passi da un’analisi, che coinvolge le strette relazioni tra il diritto ecclesiastico ed i presupposti pre-giuridici, delle nuove istanze religiosamente qualificate in quella che è da tutti definita la società multiculturale e/o multietnica. E’ noto, infatti, che la multiculturalità si caratterizza anche e, forse, soprattutto, per una sua dimensione multireligiosa. La multireligiosità ha avuto un impatto forte sul tessuto sociale e politico dei Paesi europei. Conseguenza inevitabile di ciò era anche l’influenza che queste dinamiche sociali avevano sulle categorie giuridiche della modernità europea. Per quanto riguarda, più specificatamente il presente lavoro, si è cercato di rileggere alla luce delle novità suddette la qualificazione giuridica del concetto di interesse religioso, così come quella di confessione religiosa. Si è poi cercato di porre in risalto, attraverso la distinzione tra associazione e confessione, le nuove dimensioni dell’appartenenza confessionale. Da questo punto di vista, è emersa la necessità, da un lato di rimeditare sul rapporto tra persona, soggettività giuridica ed appartenenza comunitaria, utilizzando la religione come chiave di lettura delle relazioni giuridiche e non all’interno delle comunità di riferimento. La famiglia ci è sembrato essere un paradigmatico esempio induttivo di come oggi la rilettura delle categorie giuridiche della cultura europea appaia una inevitabile necessità. La dinamica delle relazioni interfamiliari è stata dunque riletta alla luce della multiculturalità e, soprattutto, della multireligiosità.
2008
978-88-8422-752-2
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