Recenti studi condotti sui meccanismi e le modalità di gestione del potere locale delle comunità meridionali ha rotto quel ‘profondo dualismo’ prevalente nell’analisi storica tra un centro nord a fisionomia urbana, interessato in età moderna da fenomeni di aristocratizzazione delle strutture e dei governi cittadini, ed un sud rurale dominato in forma totalizzante da fenomeni di rifeudalizzazione delle campagne e dei suoi borghi. Certo senza negare le pur profonde differenze di contesto, ed a prescindere dalla specificità rappresentata dalla capitale ( Napoli), anche nella periferia del Regno è possibile individuare quei segni di cambiamento che sulla fisionomia delle istituzioni e dei ceti dirigenti urbani producono i più generali processi di costruzione dello stato moderno, dell’alternarsi di congiunture economiche e dei mutamenti culturali che incidono sulla stile di vita dei gruppi sociali protagonisti delle storia delle comunità locali in età moderna. L’analisi è qui condotta su una città regia, Manfredonia, porto strategico sulla costa adriatica del Regno, avamposto militare e, almeno sino all’Ottocento, sbocco naturale delle produzioni della Regia Dogana della Mena delle Pecore e della vasta pianura del Tavoliere. Attraverso l’esame di una ricca documentazione storica, conservata sia nell’Archivio Storico Comunale sia nell’Archivio di Stato di Foggia e di Napoli, affiancata dalla ricostruzione di contesti familiari e gruppi parentali, operata attraverso lo spoglio di registri parrocchiali e di atti notarili, il saggio punta a fare luce sui meccanismi di formazione della classe dirigente cittadina. Da una prima fase caratterizzata da un modello aperto, fondato sul ciclico rinnovo dei componenti del reggimento municipale, si passa assai rapidamente, tra gli ultimi decenni del XV ed i primi del XVI secolo, ad un altro più rivolto a regolare l’accesso agli uffici comunali, attraverso procedure che favoriscono un ristretto e ben più selezionato gruppo di soggetti che, a partire da quel momento, danno avvio a vere e proprie dinastie di consiglieri e decurioni. Anche in questo caso la chiusura oligarchica, che si afferma tra Cinque e Seicento, è messa in discussione negli anni centrali del XVIII secolo, dall’emergere di nuovi soggetti sociali. La documentazione relativa ad un lungo processo, avviato presso le magistrature napoletane e quelle della Dogana foggiana, consente di svelare, infine, il peso che le relazioni personali e soprattutto familiari ( legami di consanguineità e/o di affinità) hanno nella definizione dei gruppi ( in prevalenza sono due: esogamici e spesso contrapposti) coinvolti nell’amministrazione della Università tra Cinque e Settecento.

I reggimentari sipontini tra Cinque e Settecento

CIUFFREDA, Antonio
2009-01-01

Abstract

Recenti studi condotti sui meccanismi e le modalità di gestione del potere locale delle comunità meridionali ha rotto quel ‘profondo dualismo’ prevalente nell’analisi storica tra un centro nord a fisionomia urbana, interessato in età moderna da fenomeni di aristocratizzazione delle strutture e dei governi cittadini, ed un sud rurale dominato in forma totalizzante da fenomeni di rifeudalizzazione delle campagne e dei suoi borghi. Certo senza negare le pur profonde differenze di contesto, ed a prescindere dalla specificità rappresentata dalla capitale ( Napoli), anche nella periferia del Regno è possibile individuare quei segni di cambiamento che sulla fisionomia delle istituzioni e dei ceti dirigenti urbani producono i più generali processi di costruzione dello stato moderno, dell’alternarsi di congiunture economiche e dei mutamenti culturali che incidono sulla stile di vita dei gruppi sociali protagonisti delle storia delle comunità locali in età moderna. L’analisi è qui condotta su una città regia, Manfredonia, porto strategico sulla costa adriatica del Regno, avamposto militare e, almeno sino all’Ottocento, sbocco naturale delle produzioni della Regia Dogana della Mena delle Pecore e della vasta pianura del Tavoliere. Attraverso l’esame di una ricca documentazione storica, conservata sia nell’Archivio Storico Comunale sia nell’Archivio di Stato di Foggia e di Napoli, affiancata dalla ricostruzione di contesti familiari e gruppi parentali, operata attraverso lo spoglio di registri parrocchiali e di atti notarili, il saggio punta a fare luce sui meccanismi di formazione della classe dirigente cittadina. Da una prima fase caratterizzata da un modello aperto, fondato sul ciclico rinnovo dei componenti del reggimento municipale, si passa assai rapidamente, tra gli ultimi decenni del XV ed i primi del XVI secolo, ad un altro più rivolto a regolare l’accesso agli uffici comunali, attraverso procedure che favoriscono un ristretto e ben più selezionato gruppo di soggetti che, a partire da quel momento, danno avvio a vere e proprie dinastie di consiglieri e decurioni. Anche in questo caso la chiusura oligarchica, che si afferma tra Cinque e Seicento, è messa in discussione negli anni centrali del XVIII secolo, dall’emergere di nuovi soggetti sociali. La documentazione relativa ad un lungo processo, avviato presso le magistrature napoletane e quelle della Dogana foggiana, consente di svelare, infine, il peso che le relazioni personali e soprattutto familiari ( legami di consanguineità e/o di affinità) hanno nella definizione dei gruppi ( in prevalenza sono due: esogamici e spesso contrapposti) coinvolti nell’amministrazione della Università tra Cinque e Settecento.
2009
978-88-7228-556-5
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