ABSTRACT Le relazioni “extraconcordatarie” tra Stato italiano e Chiesa Cattolica ovvero dei rapporti tra politica e diritto Dott.ssa Roberta Santoro Ottant’anni sono passati dalla firma dei Patti Lateranensi che, di fatto, hanno segnato una svolta profonda, ponendo fine alle lunghe lacerazioni tra lo Stato italiano e la Chiesa cattolica; nel corso del XIX secolo, sono trascorsi venticinque anni dalla conclusione dell’Accordo di modificazione del Concordato, che ha permesso di rafforzare le relazioni e di arricchirle di nuovi contenuti. Parallelamente, va rilevato come nel nostro Paese si sia andata sempre più sviluppando una legislazione extraconcordataria con l’obiettivo di rimuovere qualsiasi ostacolo a quello che è l’estrinsecazione del sentimento religioso del singolo cittadino. Il legislatore ha dimostrato una presa di coscienza della rilevanza, all’interno della nostra società, del sentimento religioso e, allo stesso tempo, della necessità di dover dare una risposta alle varie fattispecie che, nel corso degli anni, si sono presentate senza trovare una effettiva risposta nelle disposizioni pattizie. Il panorama interno italiano evidenzia l’aumento, per quantità e intensità degli interventi da parte dell’autorità ecclesiastica, delle istanze di pubblico riconoscimento della confessione di maggioranza, per la quale si rivendica un ruolo identitario sempre più accentrato sulla base del radicamento dei suoi valori nel patrimonio storico e culturale della comunità nazionale. Lo Stato non è solo, in questo momento, un mero garante, ma anche un promotore dello sviluppo della persona umana ed in essa è stata individuata «la radice più profonda dell’esaurimento dell’ottica interordinamentale della disciplina della fenomenologia religiosa e confessionale». La collaborazione concordataria è, dunque, uno degli strumenti di realizzazione della promozione dell’uomo e del bene del Paese, che appaga la garanzia della libertà religiosa dei cives-fideles cattolici, gli unici di cui l’istituzione ecclesiastica rappresenta gli interessi spirituali. Proprio in tale ottica occorre chiedersi se le materie contenute nel Concordato esauriscono la materia concordataria. Certo con il Concordato, ed il successivo Accordo del 1984, i contenuti del rapporto tra Stato-Chiesa si sono sempre più ampliati ed arricchiti, anzi, si assiste attualmente ad un incrementarsi delle res mixtae. Basti pensare al progressivo incremento delle competenze regionali in materia di tutela dei beni culturali, compresi quelli di interesse religioso; l’edilizia di culto, nei confronti della quale si è instaurata una sorta di riserva di legge regionale; i problemi concernenti l’istruzione religiosa, l’assistenza religiosa negli ospedali fino ad arrivare a tematiche c.d. di confine quali quelle concernenti la bioetica. A questo punto occorre soffermarsi sul concetto di res mixta, ovvero sulla definizione di materia che risulta essere di competenza sia dello Stato che della Chiesa. “Le materie miste non nascono perché ad un certo punto lo Stato e la Chiesa dichiarano che una materia è tale. Le materie miste si manifestano in base alle norme ed alle prassi amministrative che si pongono in essere” ed inoltre “si costituiscono proprio quando si producono norme di per sé ambigue e pratiche amministrative … vengono a configurare obiettivamente l’esistenza di una materia mista”. Va sottolineato, dunque, che una materia mista non sorge per il semplice fatto che lo Stato italiano e la Chiesa cattolica dichiarano tale una determinata materia. Una materia la si definisce mista per sua natura. La caratteristica di queste materie risiede nel fatto che esse non rientrano completamente nell’ordine di una delle due potestà; di mostrare, in maniera più o meno rilevante, un livello di estraneità rispetto sia all’ordinamento statuale che a quello canonico; di richiedere una regolamentazione convenuta, con il rischio altrimenti di una ricaduta nel giurisdizionalismo da un lato o nella sacralizzazione del secolare dall’altro. Alla luce di queste breve osservazioni, si può concludere che la norma convenuta fra Stato e Chiesa circa il carattere misto di una materia ha carattere dichiarativo e che le norme e le prassi amministrative poste in essere non creano una res mixtae, ma la disciplinano. L’impegno concordatario verso il pieno rispetto del principio di indipendenza degli ordini determina altresì l’obbligo di osservanza da parte dell’autorità confessionale delle determinazioni assunte dallo Stato per la regolamentazione della vita civile dei consociati. Tutto ciò non incide sul munus docendi della Chiesa, tuttavia l’art. 1 dell’Accordo implica che le modalità di esercizio della potestà di magistero non possano dar luogo a forme di ingerenza nella sfera temporale, come nel caso di eventuali esortazioni finalizzate, anche se implicitamente, a pretendere da parte della comunità politica la conformità dei provvedimenti legislativi, amministrativi, giurisprudenziali ai principi della religione; di indirizzi di voto in ordine alle concrete scelte politiche dei cittadini-fedeli. Nell’ipotesi contraria, la violazione della norma concordataria potrebbe legittimare la parte non inadempiente a porre in essere adeguati strumenti sanzionatori; nel caso dei rapporti tra Stato e Chiesa è preferibile ricorrere alla prevenzione di eventuali ipotesi di conflitto attraverso il ricorso alla regola dell’autolimitazione dei rispettivi poteri. Gli ultimi esempi, in tal senso, ci vengono forniti dalle questioni concernenti la legge sulla procreazione medicalmente assistita e un caso, che in Italia provoca clamore, il c.d. caso Englaro. Da qui derivano una serie di problematiche e dubbi quali: è lecito una ingerenza politica da parte della Chiesa Cattolica, nel processo di condizionamento delle leggi dello Stato?

Le relazioni "extraconcordatarie" tra Stato italiano e Chiesa Cattolica ovvero tra politica e religione

Santoro Roberta
2010-01-01

Abstract

ABSTRACT Le relazioni “extraconcordatarie” tra Stato italiano e Chiesa Cattolica ovvero dei rapporti tra politica e diritto Dott.ssa Roberta Santoro Ottant’anni sono passati dalla firma dei Patti Lateranensi che, di fatto, hanno segnato una svolta profonda, ponendo fine alle lunghe lacerazioni tra lo Stato italiano e la Chiesa cattolica; nel corso del XIX secolo, sono trascorsi venticinque anni dalla conclusione dell’Accordo di modificazione del Concordato, che ha permesso di rafforzare le relazioni e di arricchirle di nuovi contenuti. Parallelamente, va rilevato come nel nostro Paese si sia andata sempre più sviluppando una legislazione extraconcordataria con l’obiettivo di rimuovere qualsiasi ostacolo a quello che è l’estrinsecazione del sentimento religioso del singolo cittadino. Il legislatore ha dimostrato una presa di coscienza della rilevanza, all’interno della nostra società, del sentimento religioso e, allo stesso tempo, della necessità di dover dare una risposta alle varie fattispecie che, nel corso degli anni, si sono presentate senza trovare una effettiva risposta nelle disposizioni pattizie. Il panorama interno italiano evidenzia l’aumento, per quantità e intensità degli interventi da parte dell’autorità ecclesiastica, delle istanze di pubblico riconoscimento della confessione di maggioranza, per la quale si rivendica un ruolo identitario sempre più accentrato sulla base del radicamento dei suoi valori nel patrimonio storico e culturale della comunità nazionale. Lo Stato non è solo, in questo momento, un mero garante, ma anche un promotore dello sviluppo della persona umana ed in essa è stata individuata «la radice più profonda dell’esaurimento dell’ottica interordinamentale della disciplina della fenomenologia religiosa e confessionale». La collaborazione concordataria è, dunque, uno degli strumenti di realizzazione della promozione dell’uomo e del bene del Paese, che appaga la garanzia della libertà religiosa dei cives-fideles cattolici, gli unici di cui l’istituzione ecclesiastica rappresenta gli interessi spirituali. Proprio in tale ottica occorre chiedersi se le materie contenute nel Concordato esauriscono la materia concordataria. Certo con il Concordato, ed il successivo Accordo del 1984, i contenuti del rapporto tra Stato-Chiesa si sono sempre più ampliati ed arricchiti, anzi, si assiste attualmente ad un incrementarsi delle res mixtae. Basti pensare al progressivo incremento delle competenze regionali in materia di tutela dei beni culturali, compresi quelli di interesse religioso; l’edilizia di culto, nei confronti della quale si è instaurata una sorta di riserva di legge regionale; i problemi concernenti l’istruzione religiosa, l’assistenza religiosa negli ospedali fino ad arrivare a tematiche c.d. di confine quali quelle concernenti la bioetica. A questo punto occorre soffermarsi sul concetto di res mixta, ovvero sulla definizione di materia che risulta essere di competenza sia dello Stato che della Chiesa. “Le materie miste non nascono perché ad un certo punto lo Stato e la Chiesa dichiarano che una materia è tale. Le materie miste si manifestano in base alle norme ed alle prassi amministrative che si pongono in essere” ed inoltre “si costituiscono proprio quando si producono norme di per sé ambigue e pratiche amministrative … vengono a configurare obiettivamente l’esistenza di una materia mista”. Va sottolineato, dunque, che una materia mista non sorge per il semplice fatto che lo Stato italiano e la Chiesa cattolica dichiarano tale una determinata materia. Una materia la si definisce mista per sua natura. La caratteristica di queste materie risiede nel fatto che esse non rientrano completamente nell’ordine di una delle due potestà; di mostrare, in maniera più o meno rilevante, un livello di estraneità rispetto sia all’ordinamento statuale che a quello canonico; di richiedere una regolamentazione convenuta, con il rischio altrimenti di una ricaduta nel giurisdizionalismo da un lato o nella sacralizzazione del secolare dall’altro. Alla luce di queste breve osservazioni, si può concludere che la norma convenuta fra Stato e Chiesa circa il carattere misto di una materia ha carattere dichiarativo e che le norme e le prassi amministrative poste in essere non creano una res mixtae, ma la disciplinano. L’impegno concordatario verso il pieno rispetto del principio di indipendenza degli ordini determina altresì l’obbligo di osservanza da parte dell’autorità confessionale delle determinazioni assunte dallo Stato per la regolamentazione della vita civile dei consociati. Tutto ciò non incide sul munus docendi della Chiesa, tuttavia l’art. 1 dell’Accordo implica che le modalità di esercizio della potestà di magistero non possano dar luogo a forme di ingerenza nella sfera temporale, come nel caso di eventuali esortazioni finalizzate, anche se implicitamente, a pretendere da parte della comunità politica la conformità dei provvedimenti legislativi, amministrativi, giurisprudenziali ai principi della religione; di indirizzi di voto in ordine alle concrete scelte politiche dei cittadini-fedeli. Nell’ipotesi contraria, la violazione della norma concordataria potrebbe legittimare la parte non inadempiente a porre in essere adeguati strumenti sanzionatori; nel caso dei rapporti tra Stato e Chiesa è preferibile ricorrere alla prevenzione di eventuali ipotesi di conflitto attraverso il ricorso alla regola dell’autolimitazione dei rispettivi poteri. Gli ultimi esempi, in tal senso, ci vengono forniti dalle questioni concernenti la legge sulla procreazione medicalmente assistita e un caso, che in Italia provoca clamore, il c.d. caso Englaro. Da qui derivano una serie di problematiche e dubbi quali: è lecito una ingerenza politica da parte della Chiesa Cattolica, nel processo di condizionamento delle leggi dello Stato?
2010
978-83-7702-064-7
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