Il saggio ha ad oggetto lo studio delle c.d. tabelle per l’assegnazione degli affari alle singole sezioni dei tribunali, ai singoli collegi e ai singolo giudici, disciplinate dall’art. 7-ter del r.d. 12/1941 (legge sull’Ordinamento giudiziario), e in particolare (ha ad oggetto) la modifica introdotta nel 2007, in base alla quale la violazione dei criteri di assegnazione è diventata sostanzialmente irrilevante nel processo. Più precisamente, ci si è chiesti se sia costituzionalmente legittimo che il legislatore abbia introdotto nel nostro ordinamento giudiziario una norma che a) rende del tutto irrilevante nel processo la violazione dei criteri di assegnazione degli affari ai magistrati e b) prevedendo una meramente “possibile” sanzione disciplinare per l’inosservanza di detti criteri, di fatto lascia ai titolari degli uffici giudiziari libertà di scelta nella designazione del giudice per un dato processo. Dopo aver chiarito l’effettiva portata del principio del giudice naturale precostituito per legge ex art. 25 Cost. e aver analizzato le tappe attraverso le quali si è arrivati all’attuale disciplina delle c.d. tabelle, si è arrivati alla conclusione che la nuova disposizione introdotta nel 2007, appare, oltre che illogica, costituzionalmente illegittima. Invero, la norma, laddove dispone che l’inosservanza dei criteri di assegnazione degli affari non può mai determinare la nullità dei provvedimenti adottati, esclude in radice la rilevanza nel processo di qualsivoglia violazione di detti criteri. Sì che, il riconoscimento del principio del giudice naturale precostituito per legge riferito al giudice-persona fisica si risolve oramai in una vuota affermazione di principio, essendo ex lege venuta meno per le parti la possibilità di far valere nel processo eventuali inosservanze tabellari. Con la conseguenza che si deve dubitare della legittimità costituzionale della disposizione per contrasto con il principio del giudice naturale precostituito per legge e con il principio di indipendenza e imparzialità del giudice, che peraltro reciprocamente integratisi, rappresentano le condizioni necessarie del “giusto processo”.

Violazione delle tabelle e garanzia del giudice naturale

DELUCA, Giovanni Battista Libero
2008-01-01

Abstract

Il saggio ha ad oggetto lo studio delle c.d. tabelle per l’assegnazione degli affari alle singole sezioni dei tribunali, ai singoli collegi e ai singolo giudici, disciplinate dall’art. 7-ter del r.d. 12/1941 (legge sull’Ordinamento giudiziario), e in particolare (ha ad oggetto) la modifica introdotta nel 2007, in base alla quale la violazione dei criteri di assegnazione è diventata sostanzialmente irrilevante nel processo. Più precisamente, ci si è chiesti se sia costituzionalmente legittimo che il legislatore abbia introdotto nel nostro ordinamento giudiziario una norma che a) rende del tutto irrilevante nel processo la violazione dei criteri di assegnazione degli affari ai magistrati e b) prevedendo una meramente “possibile” sanzione disciplinare per l’inosservanza di detti criteri, di fatto lascia ai titolari degli uffici giudiziari libertà di scelta nella designazione del giudice per un dato processo. Dopo aver chiarito l’effettiva portata del principio del giudice naturale precostituito per legge ex art. 25 Cost. e aver analizzato le tappe attraverso le quali si è arrivati all’attuale disciplina delle c.d. tabelle, si è arrivati alla conclusione che la nuova disposizione introdotta nel 2007, appare, oltre che illogica, costituzionalmente illegittima. Invero, la norma, laddove dispone che l’inosservanza dei criteri di assegnazione degli affari non può mai determinare la nullità dei provvedimenti adottati, esclude in radice la rilevanza nel processo di qualsivoglia violazione di detti criteri. Sì che, il riconoscimento del principio del giudice naturale precostituito per legge riferito al giudice-persona fisica si risolve oramai in una vuota affermazione di principio, essendo ex lege venuta meno per le parti la possibilità di far valere nel processo eventuali inosservanze tabellari. Con la conseguenza che si deve dubitare della legittimità costituzionale della disposizione per contrasto con il principio del giudice naturale precostituito per legge e con il principio di indipendenza e imparzialità del giudice, che peraltro reciprocamente integratisi, rappresentano le condizioni necessarie del “giusto processo”.
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