Nell’ambito degli studi sull’arte federiciana la fortuna critica della cattedrale di Bitonto è dovuta alla presenza di un ambone, datato e firmato da Nicolaus sacerdos et magister, uno degli artisti che segnano il passaggio dall’età sveva a quella angioina. La sua notorietà è data soprattutto da una lastra triangolare utilizzata come parapetto con una serie di figure scolpite a rilievo tra le quali figurerebbe l’imperatore Federico II. Un gran numero di studiosi ha cercato di fornire interpretazioni coerenti e circostanziate sul significato da attribuire a quest’opera, carica di fascino e di mistero. Una sostanziale concordanza di opinioni esiste circa il valore profano da attribuire alla scena ed all’identificazione delle figure con personaggi della casa sveva. L’aura speciale che da sempre accompagna le opere d’arte legate tanto alla diretta committenza dell’imperatore, quanto alla sua influenza, reale o immaginaria, ha spesso relegato in secondo piano un dato molto importante relativo alla cattedrale bitontina: ovvero la presenza, come in nessuna altra chiesa del Regno, di un numero straordinario di arredi liturgici eseguiti tutti nella prima metà del XIII secolo che, sia pure pervenutici in uno stato frammentario, ci restituiscono un quadro esaustivo della produzione scultorea ai tempi dell’imperatore svevo. Proprio la cultura espressa in quest’opera è indicativa di un modo di concepire la scultura da parte degli operatori pugliesi che nel pieno XIII secolo reinventano temi e motivi ispirati alla tradizione scultorea dell’XI e XII secolo con un gusto che esalta ed accentua i valori decorativi e ornamentali. La stessa tecnica ad incrostazione, di antica origine bizantina ed islamica, già ampiamente diffusa in Puglia, è utilizzata per rendere nelle forme durevoli della scultura effetti e modelli ispirati alle arti suntuarie. Di questo fenomeno a Bitonto si possono cogliere anche gli esiti successivi. Nella stessa chiesa si conservano, infatti, i resti di un’ultima opera realizzata in epoca federiciana, un ciborio, di cui rimangono numerosi frammenti di travi, cornici e colonnine, oltre ad un meraviglioso capitello che costituisce uno dei più alti raggiungimenti della plastica scultorea duecentesca pugliese. L’opera come si evince dall'iscrizione incisa sull'architrave dello stesso fu eseguita nel 1240 da uno scultore di Foggia identificato dalla critica in Gualtieri, figlio di Riccardo da Foggia, citato in un documento del 1262.

Bitonto

DEROSA, Luisa Maria Sterpeta
2005-01-01

Abstract

Nell’ambito degli studi sull’arte federiciana la fortuna critica della cattedrale di Bitonto è dovuta alla presenza di un ambone, datato e firmato da Nicolaus sacerdos et magister, uno degli artisti che segnano il passaggio dall’età sveva a quella angioina. La sua notorietà è data soprattutto da una lastra triangolare utilizzata come parapetto con una serie di figure scolpite a rilievo tra le quali figurerebbe l’imperatore Federico II. Un gran numero di studiosi ha cercato di fornire interpretazioni coerenti e circostanziate sul significato da attribuire a quest’opera, carica di fascino e di mistero. Una sostanziale concordanza di opinioni esiste circa il valore profano da attribuire alla scena ed all’identificazione delle figure con personaggi della casa sveva. L’aura speciale che da sempre accompagna le opere d’arte legate tanto alla diretta committenza dell’imperatore, quanto alla sua influenza, reale o immaginaria, ha spesso relegato in secondo piano un dato molto importante relativo alla cattedrale bitontina: ovvero la presenza, come in nessuna altra chiesa del Regno, di un numero straordinario di arredi liturgici eseguiti tutti nella prima metà del XIII secolo che, sia pure pervenutici in uno stato frammentario, ci restituiscono un quadro esaustivo della produzione scultorea ai tempi dell’imperatore svevo. Proprio la cultura espressa in quest’opera è indicativa di un modo di concepire la scultura da parte degli operatori pugliesi che nel pieno XIII secolo reinventano temi e motivi ispirati alla tradizione scultorea dell’XI e XII secolo con un gusto che esalta ed accentua i valori decorativi e ornamentali. La stessa tecnica ad incrostazione, di antica origine bizantina ed islamica, già ampiamente diffusa in Puglia, è utilizzata per rendere nelle forme durevoli della scultura effetti e modelli ispirati alle arti suntuarie. Di questo fenomeno a Bitonto si possono cogliere anche gli esiti successivi. Nella stessa chiesa si conservano, infatti, i resti di un’ultima opera realizzata in epoca federiciana, un ciborio, di cui rimangono numerosi frammenti di travi, cornici e colonnine, oltre ad un meraviglioso capitello che costituisce uno dei più alti raggiungimenti della plastica scultorea duecentesca pugliese. L’opera come si evince dall'iscrizione incisa sull'architrave dello stesso fu eseguita nel 1240 da uno scultore di Foggia identificato dalla critica in Gualtieri, figlio di Riccardo da Foggia, citato in un documento del 1262.
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